VOCE AGLI SCETTICI - 5, TESTIMONIANZE

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misterMistery
view post Posted on 11/11/2008, 02:08




- L'unico oggetto di indagine

"Chi ha veduto parla, ma le cose riportate
mutano spesso di aspetto ed accendono la fantasia."
Gustavo Rol, La Stampa, 3.9.1978


Le testimonianze che vengono offerte a proposito delle imprese “straordinarie” di Gustavo Rol sono innumerevoli. Dal momento che non è più possibile sottoporre Rol ad alcuna indagine scientifica (né, come abbiamo visto, vi si sarebbe mai prestato), tali testimonianze sono l’unico oggetto d’indagine che ci è oggi concesso. Naturalmente ogni racconto dev’essere sottoposto ad un’approfondita analisi critica, che escluda possibili contaminazioni ed eventuali distorsioni. E’ necessaria un’attenzione particolare nello studio di tale materiale perché è proprio attraverso questo che si intenderebbe dimostrare l’esistenza di una classe di fenomeni molto controversa: i fenomeni paranormali.


- Affermazioni straordinarie e prove straordinarie

Il valore delle testimonianze offerte a sostegno della paranormalità di Rol viene erroneamente sopravvalutato. L’approccio che più si riscontra in molta della letteratura a proposito di Gustavo Rol ricorda quello che Richard Baxter aveva nel 1691, così espresso sul suo Certainty of the World of Spirits: “E’ così grande il numero di coloro che attestano di tempeste suscitate da streghe, che penso sia inutile citare queste testimonianze”. Anche il teologo Meric Casaubon sosteneva, nel libro Of Credulity and Incredulity (1668), che le streghe devono esistere perché, dopo tutto, non c’è nessuno che non creda in esse: tutto ciò in cui crede un gran numero di persone dev’essere vero. Le cose non stanno ovviamente così. La scienza non è democratica, in quanto non è la maggioranza a decidere a favore della verità o falsità di una affermazione. Accade spesso che affermazioni ritenute vere da molto tempo e dalla maggioranza degli studiosi cadano impietosamente di fronte a nuove evidenze sperimentali, presentate magari da un unico individuo. Per mettere in dubbio le fondamenta della scienza non è sufficiente che le testimonianze vengano offerte da personaggi di indubbio prestigio e fama. In un articolo su Gustavo Rol di Jacopo Comin si afferma:

In contrasto con molti parapsicologi […] i quali credono solo a se stessi, noi abbiamo rispetto e fiducia nella testimonianza umana, quando questa provenga da persone che ne siano degne. Siamo certi che quando gli stimabilissimi studiosi che abbiamo citato e citeremo, affermano (e, per di più, concordemente) di aver assistito a determinati fenomeni e di averne controllato la genuinità, affermano il vero.

Noi pensiamo che il rispetto e la fiducia non abbiano nulla a che vedere con l’attendibilità delle testimonianze: la stima che abbiamo nei confronti dei molti personaggi che incontrarono Gustavo Rol non viene minimamente intaccata dal pensiero che costoro potrebbero esser stati piacevolmente vittime di mistificazioni dal chiaro intento ricreativo. Né siamo così ingenui da prendere per oro colato i racconti forniti da costoro: senza minimamente mettere in dubbio la buona fede di queste persone, è sufficiente un minimo studio dei limiti che la percezione e la memoria umana hanno per contraddire nettamente le parole di Comin.

C’è un’espressione di Laplace che ben riassume la necessità di prove molto più solide a sostegno dell’ipotesi che Rol possedesse facoltà paranormali: “affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie”. I controlli delle testimonianze riguardanti il paranormale sono cruciali nel campo della parapsicologia, in quanto le affermazioni sono clamorose: se fossero vere, anche soltanto in minima parte, sovvertirebbero gran parte delle conoscenze acquisite, in particolare nel campo della fisica. Quindi a fenomeni eccezionali dovrebbero corrispondere controlli eccezionali. Invece molta parte dell’opinione pubblica, influenzata da periodici, giornali e libri, dà per scontata (e provata) l’esistenza dei fenomeni paranormali senza che tali prove siano mai state fornite.

Queste prove sono le stesse che parapsicologi e scienziati hanno preteso da Rol quand’era ancora in vita, ma che egli si è sempre rifiutato di dare, lasciando di quanto ha “prodotto” soltanto ricordi, alcuni dei quali sfociati in testimonianze scritte.


- La natura instabile della memoria

Uno dei padri della psicologia della testimonianza, Cesare Musatti, scriveva:

Di fronte a un testimonio che sia una persona psichicamente normale, di discreto livello intellettuale, di probità certa, e disinteressato rispetto al fatto di cui si tratta, si ha normalmente la convinzione che la sua testimonianza abbia da essere, almeno con grande probabilità, e per lo meno rispetto a quei particolari sui quali il testimonio stesso si dichiara ben certo, esatta. Ora una tale convinzione non é per nulla giustificata; tutt’altro. Naturalmente ognuno sa, e dice, che é proprio della natura umana errare, in tutti i campi, e quindi anche nell’osservare un dato fatto e nel ricordarlo; ma circa la misura di un tale errare, l’opinione comune é molto al di sotto del vero, e considera pur sempre l’errore in un tale campo come una eccezione, mentre esso costituisce precisamente la regola. […] Di fronte alla situazione concreta di un individuo […] che merita la massima stima e fiducia, e che afferma (con piena sicurezza, e assumendosi intera la responsabilità di quanto dice) di avere visto o udito la tale o la tal’altra cosa, difficilmente ci si può astenere dal credere che in realtà le cose debbano essersi svolte così come il testimonio afferma.

L’onestà dei testimoni a proposito degli episodi occorsi a Rol può anche essere assunta indubitabile, ma gli elementi che possono aver irreparabilmente danneggiato i loro ricordi sono innumerevoli.


- La distorsione dei ricordi

Esiste innanzitutto una gran varietà di atteggiamenti da parte di chi racconta un fatto ricordato: c’è chi espone francamente tutto e soltanto ciò che sa o crede di sapere intorno ai fatti; c’è chi mostra una qualche reticenza soggettivamente giustificata con qualche compromesso interiore; c’è chi integra e colora in modo fantastico i dati effettivamente ricordati, a volte con estrema leggerezza e senza piena consapevolezza, fino ad arrivare a volte alla narrazione di un fatto del tutto irreale, e inizialmente immaginato di fantasia in tutti i suoi particolari, ma che poi viene assumendo un colorito di ricordo, per cui il soggetto stesso finisce con l’essere convinto della sua effettiva realtà. Già da queste poche considerazioni si deve concludere che il contenuto di una testimonianza non è mai una pura riproduzione fotografica di un fatto obbiettivo, ma sempre il prodotto di una molteplicità di coefficienti, tra i quali spiccano la natura della personalità psichica del testimone, le condizioni ambientali e – come detto in precedenza – le opinioni, le aspettative sul fatto e lo status emotivo. Si deve abbandonare, dunque, l’idea che la memoria sia un deposito dove temporaneamente si collocano e si conservano gli elementi percepiti, e dove all’occasione è possibile andare a cercare quegli elementi stessi per riaverli nelle stesse condizioni in cui li avevamo prima. Scrive Musatti che quando

si ripresenta a noi il ricordo di una determinata situazione già da noi percettivamente vissuta, l’oggetto del nostro ricordo risulta profondamente modificato rispetto a quello che era l’oggetto della percezione iniziale.

Questo è vero in modo particolare per gli elementi non in primissimo piano nel ricordo, che tendono ad essere distorti in modo proporzionale alla loro “distanza” dal centro dell’immagine percepita. La memoria non è, infatti, un aggregato di elementi inerti e stabili, ma – come tutte le formazioni organiche e psichiche – vivi e attivi, in grado, dunque, di trasformarsi, subire costantemente l’influenza dell’ambiente e adattarsi a quello. In genere si pensa che la memoria si limiti a perdere alcune informazioni e a mantenerne altre. Non si tiene in considerazione, però, il fatto che oltre a tali distruzioni sussistono vere e proprie sostituzioni di elementi, e così fusioni in un unico ricordo di elementi appartenenti a fatti distinti, arricchimenti… In effetti sono queste trasformazioni “positive” subite dai nostri ricordi che hanno maggior importanza per una determinazione dei criteri che debbono presiedere all’interpretazione delle testimonianze. Tutti gli studi fatti in questo campo dimostrano che, per i motivi appena visti, i testimoni oculari non sono sempre affidabili: il loro ricordo può essere sbagliato perché spesso ricostruiscono determinati eventi da frammenti di memoria e poi giungono a delle conclusioni da queste ricostruzioni.


- La natura costruttiva della memoria

Nel suo Il sesto senso Massimo Polidoro scrive:

La nostra memoria funziona in modo analogo alla nostra percezione: è, cioè, “costruttiva”, o meglio, “creativa”. Nuovi fatti e nuove informazioni su un dato episodio possono alterare i nostri ricordi riguardo a ciò che è successo realmente: eppure, siamo disposti a giurare che i nostri ricordi sono accurati.

e per verificare il potere “creativo” e “ricostruttivo” della memoria suggerisce un esperimento da fare:

Pensate a un momento particolare di oggi in cui eravate seduti. Ricordate il posto in cui eravate, ricordate i vostri vestiti, la posizione delle vostre gambe e delle vostre braccia. Molto probabilmente state pensando a questa scena come se la guardaste dal di fuori: cioè, vedete voi stessi seduti, in una certa posizione e vestiti in un dato modo, un po’ come se vi vedeste alla televisione. Ma questo ricordo non può assolutamente essere reale perché durante quell’esperienza non potevate assolutamente vedervi dal di fuori. Quello che è successo è che ricordavate certi particolari di quell’esperienza e il vostro cervello ha costruito tutto il resto, compreso “l’angolo di osservazione” dall’esterno.


- Come ti racconto il miracolo

Che i ricordi siano cosa viva lo dimostra anche un’analisi incrociata delle testimonianze che vengono offerte, a distanza di vari anni, dei “fenomeni” di Rol. Prendiamo, ad esempio, il racconto che la giornalista modenese Paola Giovetti offre di un esperimento cui avrebbe assistito nell’ottobre 1981. Ne possediamo quattro versioni distinte, fornite nel 1982 (neanche un anno dopo l’avvenimento), nel 1988 (sette anni dopo), nel 1995 (quattordici anni dopo) e nel 2002 (ventun anni dopo). Mettendole a confronto è possibile constatare l’enorme “instabilità” dei ricordi a proposito dei fenomeni di Rol, e l’assoluta impossibilità di risalire alla verità storica, ripulita dall’entropia introdotta nel corso degli anni.

Sul suo Arte medianica, scrive:

Sono presenti, oltre a Rol, al dott. De Boni e a me, altre due persone: una coppia di amici di Rol, abituali frequentatori delle sue sedute. L’esperimento si svolge in casa di Rol, in una bella sala arredata con mobili antichi, intorno a un tavolo rotondo. E’ già quasi mezzanotte quando ci accingiamo all’esperimento: Rol infatti usa chiacchierare prima coi suoi ospiti, intrattenersi con loro, “scaldare” l’atmosfera, e solo quando lo stato d’animo del gruppo gli sembra quello giusto fa trasferire i presenti dalle poltrone al tavolo rotondo. Rol dice dunque al dott. De Boni e a me di dire a turno delle lettere, che lui via via scrive su un foglio. Escono così: DGPCFETOSA e altre. Quindi, su indicazione di Rol, io alzo a caso un mazzo di carte e trovo un tre. Questo significa, dice Rol che dovremo usare la terza lettera, che è una P: “Mi dica un nome che cominci per P”, dice ancora. Dico Paolo. “Paolo” mormorà tra sé, “vediamo se qui con noi c’è un Paolo… Ecco, sì, ce n’è uno speciale, Pablo, Pablo Picasso”. A questo punto Rol comincia a parlare in francese con un personaggio invisibile che gli dice cose che solo lui sente: “Benissimo, farai una pittura… però dopo dovremo distruggerla? Ma è un peccato, se è così preferiamo rinunciare… Scelga un’altra carta”, dice rivolto a me, “vediamo se c’è qualcun altro”. Io alzo il mazzo e trovo un altro tre. “Si vede che vuol restare”, dice Rol, “d’altra parte quest’anno è venuto spesso, è il suo centenario… D’accordo” continua parlando in francese all’invisibile Pablo Picasso, “accettiamo questo disegno che dovremo distruggere”. Si comincia allora l’esperimento. Da un blocco da disegno di normale formato Rol strappa 5 fogli, uno per ciascuno dei presenti. Tutto sempre in piena luce. Pieghiamo i fogli in otto e li deponiamo sul tavolo. Rol mi dice di sceglierne uno e di mettermelo in tasca. Non avendo tasche, lo infilo sotto la camicetta. Poi Rol ricomincia a parlare in francese con Picasso e viene a sapere che occorrono colori a tempera blu cobalto, rosso, bianco e nero. Poi pennelli, una matita, una gomma, una vaschetta piena d’acqua. Rol si alza e va a cercare il materiale, che viene allineato sul tavolo. I tubi di colore sono secchi e duri, da molto tempo non vengono usati, ma Rol non se ne preoccupa: “Se ha chiesto questi”, dice, “si vede che può usarli anche così”. Finalmente è tutto pronto: ora Rol prende un altro foglio, se lo mette davanti e mi chiede cosa vorrei che venisse rappresentato. “Una donna” dico. “Pudica o impudica?” “Facciamo impudica…” “D’accordo, una donna impudica…”. Ora Rol fa solo il gesto di dipingere: sfiora appena i tubi chiusi e secchi col pennello e poi lo fa scorrere, perfettamente pulito, sul foglio bianco, descrivendo via via gli elementi del futuro quadro: “Eccola qua, la nostra signora impudica, è seduta sul letto; e dietro questa tenda c’è un uomo che guarda di nascosto… sul tavolino accanto al letto ci sono dei fiori… Ecco, è finito!” Il foglio davanti a Rol è sempre perfettamente bianco. “Prenda il foglio che ha addosso e lo getti nella vaschetta d’acqua”. Eseguo con una certa titubanza e poiché il foglio ripiegato galleggia Rol mi dice di spingerlo bene sotto col dito. Poi il foglio viene estratto grondante d’acqua e aperto: sopra c’è la pittura che io ho suggerito. Lo stile è quello tipico di Picasso: una donna nuda sul letto, un uomo che la spia, i fiori sul tavolo. Sotto c’è scritto: “La femme impudique”. Rol ci mostra il disegno e poi lo fa a pezzi.


- Evoluzione del racconto

I dettagli che compaiono nella descrizione di sei anni dopo, tratta dal libro I misteri intorno a noi, rendono più avvincente il racconto:

[…] “Una donna” dico. “Pudica o impudica?” “Facciamo impudica…” “D’accordo, una donna impudica…” “Va bene, descriva la scena…” Io comincio a descrivere una scena volutamente piuttosto complessa: la donna è seduta sul letto, accanto ha un tavolino con sopra un vaso pieno di fiori, da dietro una tenda un uomo la guarda, e altro ancora.

Passano ancora sette anni, e i ricordi si fanno più confusi; sul settimanale Oggi, l’episodio viene raccontato così:

Ricordo una sera di ottobre del 1981, in casa sua. Rol mi chiede di dire delle lettere che via via scrive su un foglio. Escono D, G, P, F e altre in successione. Su sua indicazione, alzo un mazzo di carte e trovo 3. Ciò significa, dice Rol, che dovremo usare la terza lettera, la P. Poi mi chiede di dire un nome che cominci per P. Dico Paolo. “Vediamo se c’è un Paolo… Sì, ce n’è uno speciale, Pablo Picasso!” Rol comincia a parlare in francese con un personaggio per noi invisibile e inudibile: “Farai una pittura, però dovremo distruggerla… Peccato, allora rinunciamo”. Su richiesta di Rol alzo un’altra volta il mazzo e trovo di nuovo un 3. “Si vede che vuol restare… D’accordo, accettiamo questo disegno”. Comincia l’esperimento. Da una risma di fogli nuovi Rol me ne fa scegliere uno, che piego e, in mancanza di tasche, infilo nel reggiseno. Da “Picasso” Rol viene a sapere che occorrono colori a tempera blu cobalto, rosso, bianco e nero, pennelli, una matita, una vaschetta d’acqua. Rol si alza, va a prendere il materiale, constatando che i tubi sono secchi e duri. “Se li ha chiesti, vuol dire che può usarli anche così” commenta. Poi prende un altro foglio bianco, se lo mette davanti e mi chiede di descrivere una scena. Un po’ malignamente ne scelgo una abbastanza complessa. Rol via via fa il gesto di dipingere: sfiora col pennello asciutto i tubi chiusi e lo fa scorrere sul foglio bianco. Quando ho finito mi dice di prendere il foglio piegato che ho addosso e di immergerlo nella vaschetta d’acqua: eseguo, lo estraggo grondante, lo apro. Sopra c’è la scena che ho descritto, nel tipico stile picassiano, con la firma dell’artista.

Sette anni più tardi, durante la trasmissione televisiva Stargate, così risponde ad una domanda del conduttore Roberto Giacobbo a proposito delle pitture spiritiche di Rol:

PAOLA GIOVETTI: A me è successo una volta. Foglio da macchina da scrivere. L’ho scelto io il foglio da un pacco. L’ho piegato in otto, lui mi disse di metterlo in tasca. Io non avevo tasche e lo misi nel reggiseno in una camicetta aperta.
ROBERTO GIACOBBO: Lui ha toccato questo foglio?
PAOLA GIOVETTI: Lui non ha toccato niente. Sottolineo questo fatto, che ogni volta che io sono stata da lui, e questo qui mi è stato riferito e convalidato anche da altri, lui non toccava niente. Rol mi disse di scegliere un… lui spesse volte produceva opere che sembravano fatte da artisti del passato, morti, nello stile loro. Io scelsi Picasso perché si chiamava Paolo come me; con poca fantasia dissi “Paolo”. Va bene, “Picasso”. Poi mi disse di descrivere io una scena. Lui intanto si mise davanti un altro foglio, prese un pennello asciutto e secco con dei tubi chiusi che rimasero sempre chiusi e, via via che io descrivevo, lui sfiorava col pennello questi tubi e faceva finta di disegnare la scena sul foglio bianco che aveva davanti. Quando io finii di descrivere questa scena volutamente complessa, perché insomma, anch’io mi sono sempre posta degli interrogativi, non è che vado lì bendata ad assistere a questi esperimenti, descrissi una scena molto complicata, con vari personaggi, un arredo di un certo tipo, eccetera. Rol mi disse di prendere il foglio fuori da dove l’avevo messo, io presi subito il foglio e mi resi subito conto che non era più lo stesso, che era più spessa la carta come se, appunto, fosse stato lavorato. Poi me lo fece ficcare dentro una tazza d’acqua che aveva messo lì e lo misi dentro. Quando lo tirai su, l’abbiamo aperto tutto grondante e c’era la scena che io avevo descritto esattamente nello stile di Picasso.


Una semplice sinossi dei tre brani rivela “trasformazioni”, “arricchimenti” e “sostituzioni” che, per quanto effettuate in buona fede, portano ben lontano dalla realtà storica di quanto è avvenuto durante quell’esperimento. Vediamo le principali modifiche.


- Scelta del pittore

La scelta del pittore è insolitamente complicata e laboriosa. Prima di tutto Rol chiede ai presenti di nominare tante lettere dell’alfabeto, che trascrive su un foglio. Le lettere sono, probabilmente, DGPCFETOSA e chissà quante altre (dunque più della metà dell’alfabeto). Si deve scegliere una lettera. Un prestigiatore sa bene che il modo più diretto per imporre una scelta è quello di pilotarla con un mazzo di carte: è esattamente quello che Rol fa (e fece in decine di altre situazioni). La carta viene scelta, e la lettera corrispondente al “tre” estratto è la P. Un vero sensitivo avrebbe dovuto chiedere ad una persona di nominare direttamente un pittore, mentre Rol è stato costretto a seguire questa elaborata sequenza di operazioni; la stessa che avrebbe seguito un prestigiatore. Andava comunque abbastanza sul sicuro: non ci sono molti pittori il cui nome comincia per P, e nel caso di Picasso sia il nome che il cognome mostravano quell’iniziale. Sui metodi per far scegliere un tre da un mazzo di carte mai toccato ci dilungheremo nel capitolo dedicato agli esperimenti con le carte. Nel 1995 la Giovetti ha dimenticato alcune lettere, ne ha cambiata una (la C è sparita) ed è sparito il dottor De Boni dalla scelta. Inspiegabilmente, nel 2002 la scelta è diventata molto più semplice e lineare. Certo, le carte da gioco, le lettere, la scelta arzigogolata erano elementi che potevano gettare pesanti ombre di sospetto sull’esperimento: la Giovetti se ne è liberata raccontando in televisione una versione completamente “ripulita” e resa “miracolosa” – oltre che inespugnabile da chiunque: “Io scelsi Picasso”. Tutti i particolari che possono portare ad una interpretazione “naturale” sono spariti. Com’è possibile, di fronte ad una testimonianza come l’ultima fornita dalla Giovetti, parlare di attendibilità e rigore da parte di chi ha visto all’opera Gustavo Rol? Tale trasformazione è molto grave, ma non è l’unica.


- Scelta del supporto

Si veda, ad esempio, la scelta del “supporto” cartaceo su cui si sarebbe materializzato il dipinto. Abbiamo già detto che un prestigiatore avrebbe bisogno di molti fogli, per confondere le acque ed eseguire lo scambio “cruciale” in modo invisibile. Inoltre, per eseguire tale scambio, un prestigiatore dovrebbe ridurre sensibilmente le dimensioni di tali fogli, in modo da poterli comodamente nascondere in mano (in gergo “impalmarli”). Cosa fa Rol? Segue alla lettera queste “regole”! Un vero sensitivo avrebbe dovuto utilizzare un solo foglio e materializzare il dipinto in piena luce. Gustavo Rol, invece, estrae più fogli e li fa piegare più volte – rendendoli così facilmente manipolabili. Un foglio piegato, inoltre, nasconde molto bene la sua superficie eventualmente già colorata, ed è molto difficile distinguere un foglio già dipinto da uno bianco se sono piegati: questo equivoco avrebbe permesso a Rol – o a un qualsiasi prestigiatore – di far passare per bianco un foglio già preparato in precedenza. Nella descrizione del 1982 i fogli sono cinque, uno per partecipante alla seduta: basta un semplice calcolo per constatare che quattro fogli erano in mano rispettivamente a Paola Giovetti, a Gastone De Boni, ai due altri ospiti. Il quinto è ovviamente in mano a Rol. Questo particolare sparisce nella descrizione del 1995, in cui i protagonisti passano da cinque ad uno (“Da una risma di fogli nuovi Rol me ne fa scegliere uno”), e viene espressamente negato nel 2002: Paola Giovetti insiste nel dire che “Rol non ha toccato niente”, l’esatto opposto di quanto affermato vent’anni prima. Anche qui i due particolari sospetti, la presenza di tanti fogli e il fatto che Rol avesse piegato in otto il suo, spariscono rendendo sempre più inverosimile il “fenomeno” e impedendo a chiunque di interpretarlo in modo “normale”.


- Scelta del soggetto

In che modo viene “scelto” il soggetto del quadro? Nel 1982 Rol chiede alla giornalista quale soggetto desideri venga rappresentato, e la risposta è “Una donna”. Al che Rol le concede due alternative: “Pudica o impudica?”. La Giovetti la sceglie “impudica”. Una scelta alquanto limitata, che ricorda molto da vicino le tecniche di forzatura psicologica utilizzate dai prestigiatori mentalisti.

Questa scelta fortemente “guidata” è sospetta: un sensitivo avrebbe dovuto richiedere la descrizione di una scelta molto complessa, mentre – probabilmente con gli stessi limiti dei prestigiatori – Rol ha seguito l’iter che avrebbe seguito un mentalista. Questo particolare sospetto sparisce nelle descrizioni successive. La Giovetti modifica radicalmente il suo racconto scrivendo a proposito della scena, nel 1988: “Io comincio a descrivere una scena volutamente piuttosto complessa”. Influenzato da questa testimonianza, questo ricordo si evolve ulteriormente, e mentre sappiamo bene – perché lo descrive in dettaglio su Arte medianica – che il dipinto riproduceva una donna nuda in primo piano, nel 2002 i personaggi diventano addirittura vari: “Quando io finii di descrivere questa scena volutamente complessa, perché insomma, anch’io mi sono sempre posta degli interrogativi, non è che vado lì bendata ad assistere a questi esperimenti, descrissi una scena molto complicata, con vari personaggi, un arredo di un certo tipo, eccetera”.

Al termine dell’esperimento Rol distrugge il quadro. Sa bene che un’immagine spegne l’immaginazione, mentre il semplice ricordo può fiorire, trasformarsi e rendere “miracolosa” un’elaborata esibizione da prestigiatore.

In questi tre racconti dello stesso fatto, forniti dalla stessa persona in epoche differenti, vediamo realizzati “praticamente” tutti i principi teorici citati sopra: la trasformazione di alcuni ricordi, la comparsa di elementi inediti, la scomparsa di altri che avrebbero potuto far dubitare della natura paranormale del fenomeno, la semplificazione di una situazione che rende la testimonianza inutilizzabile e fuorviante.






fonte: www.gustavorol.net

Edited by misterMistery - 11/11/2008, 13:33
 
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