L'ANTICO EGITTO - 3

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MartinMystere
view post Posted on 9/11/2008, 00:54




IL LAVORO DEI CAMPI

L’agricoltura dell’antico Egitto era legata alle provvidenziali inondazioni del Nilo. Il calendario agricolo era costituito da tre stagioni: akhet, la stagione dell’inondazione, che cominciava il 19 luglio; peret, la stagione dell’aratura e della semina, che cominciava il 15 novembre; shemu, la stagione della messe, che cominciava il 16 marzo.

Durante i quattro mesi in cui la piena del Nilo copriva i terreni, i contadini dovevano provvedere alla manutenzione dei canali che distribuivano l’acqua ai vari appezzamenti. Una volta che il fiume era rientrato nell’alveo, quando il terreno era ancora soffice, bisognava procedere all’aratura e alla semina. Gli egiziani possedevano un aratro piuttosto leggero, con un vomere in legno, che veniva aggiogato ad una coppia di buoi, mentre i contadini spargevano la semente. Quindi si liberavano sul terreno le greggi che, con i loro zoccoli, interravano i semi. La stagione più faticosa era quella del raccolto. Si mieteva il grano con falcetti in legno dotati di lame di silice, quindi le spighe erano poste in reti ed in seguito trasportate a dorso d’asino sull’aia, in cui venivano accatastate affinché fossero calpestate da asini e buoi. Il grano così battuto, affinché il vento separasse i semi dalla pula, veniva gettato in aria con delle pale e dei forconi in legno. Infine, il grano veniva misurato, messo in sacchi e riposto nei granai. Anche la viticoltura era notevolmente sviluppata sin da un’epoca molto antica. L’uva veniva raccolta a mano e i grappoli erano posti in tini in cui venivano in seguito pigiati con i piedi per farne uscire il mosto; questo colava in recipienti speciali, in cui veniva conservato fino a fermentazione.


L'ALLEVAMENTO

L’allevamento dei bovini era una delle principali risorse dell’antico Egitto. Questi animali erano magri come antilopi e macchiati di bruno o di nero, come quelli di oggi.

A partire dalle razze di Bovidi presenti nel Sahara dalla preistoria, da quella del Nilo superiore e degli zebù africani, gli egiziani ottennero un gran numero di razze bovine. Le pitture, dall’Antico Regno fino a un’epoca più recente, mostrano in effetti un aumento cospicuo delle varietà. Un’attenzione particolare era prestata all’alimentazione di questi animali, al punto che spesso si vedono scene in cui un bue è nutrito di pane o di impasti preparati appositamente per lui. Con il tempo, l’allevamento divenne in Egitto un’attività altamente specializzata. Le oche e gli altri uccelli domestici venivano fatti ingrassare forzatamente, e così pure i maiali. L’allevamento degli asini e delle capre, e anche quello delle antilopi, delle gazzelle o dei mufloni, era praticato dai ricchi agricoltori, che catturavano questi animali nel deserto e li addomesticavano. Tra gli animali da compagnia, oltre al cane e al gatto, era molto amata la scimmia, che veniva anche addestrata ad arrampicarsi sugli alberi per la raccolta dei datteri e della frutta.


RAPPORTI COMMERCIALI CON L'ESTERNO

Gli egizi attivarono molto presto una fitta rete di vie commerciali che volsero soprattutto verso l’Oriente, sia via terra che per mare.

Sin da epoca molto antica si hanno notizie di intensi scambi con regni dell’attuale Medio Oriente che, in cambio di grano, lino, papiro, oro, unguenti e profumi, cera e miele, fornivano quelle materie prime che mancavano in Egitto, oltre a una notevole quantità di prodotti finiti. Già all’epoca del faraone Snefru (IV dinastia) si fa menzione di quaranta carichi di legno pregiato (cedri del Libano), arrivati in Egitto su navi da trasporto nel corso di un solo anno. Venivano da Biblo, in Fenicia, e l’evento fu annotato su una lastra di basalto nero (trovata in Egitto e ora custodita a Palermo). È indicativo dell’importanza di questi scambi il fatto che tutte le imprese commerciali fossero sempre poste sotto il controllo del sovrano. Celebre, fra le altre, è la spedizione al paese di Punt sotto la regina Hatshepsut della XVIII dinastia. Proprio con i suoi successori, il commercio con i paesi dell’Oriente prese ancor più vigore, quando i faraoni spinsero verso est le loro conquiste militari. Dalla Siria arrivavano allora rame grezzo o lavorato, carri e finimenti di cuoio; da Babilonia e dal paese degli ittiti veniva l’argento, chiamato "il bianco" e considerato più prezioso dell’oro perché del tutto assente in Egitto, mentre da Creta provenivano gli oggetti di lusso e le ceramiche. A fare da intermediari e da agenti agli egiziani nei loro contatti commerciali con l’estero furono soprattutto le città fenicie ed in particolar modo Biblo.


LA BIBLIOTECA DELLA SALUTE

Erodoto riferisce che la medicina egizia era fortemente specializzata. La nostra documentazione conta un Papiro Smith (così chiamato dal nome del suo primo possessore) che purtroppo ci è pervenuto non integro.

È la copia di un testo dell’Antico Regno, fatta in Epoca Lyksos, completa di glosse per spiegare i termini non più comprensibili. Altra fonte è il cosiddetto Papiro Ebers (anch’esso di Epoca Lyksos), lungo ben 20 metri, una raccolta sistematica di casi di medicina tolti da trattati diversi giunta a noi completa e con glosse. A questi papiri si aggiungono otto testi frammentari, alcuni coevi, altri posteriori, che sono semplicemente appunti scritti da praticanti o frettolose copie di originali andati perduti. Sotto il profilo della materia, risulta da tali documenti che la scienza trattava, parte a parte, la chirurgia, la medicina generale e parecchie specializzazioni fra cui oftalmologia, ginecologia, pediatria, gerontologia e malattie dell’ano. La sistematica della prassi appare ineccepibile: come i loro colleghi moderni, i medici egizi esaminavano il malato, identificavano la malattia in base ai sintomi (diagnosi) e ne prevedevano il decorso e l’esito (prognosi), e prescrivevano una terapia.


SONNO, DIETA E PURGHE: LE CURE PER TUTTI

Le cure mediche in senso proprio consistono nel riposo, in una dieta adatta, e nella somministrazione di rimedi fra i quali i più frequenti sono i purganti.

Le ricette che ci sono pervenute indicano ingredienti per lo più vegetali (è sfruttata quasi tutta la flora egizia) e di rado minerali (allume, rame, ossido di ferro, calcare, carbonato e bicarbonato di sodio, zolfo, composti arsenicali, carbone); vi ha poi posto un certo numero di ingredienti che fungono da veicoli (birra, vino, miele, grassi animali, midollo, argilla). Il rimedio veniva somministrato in forma di bevanda, pappa, pillole e cataplasma. Tutti gli ingredienti appaiono quasi sempre adatti allo scopo terapeutico prefisso, e comunque scelti secondo un criterio di scienza naturale, mai in obbedienza a presupposti religiosi o filosofici. Del resto le formule magiche rivolte a una divinità guaritrice venivano inserite nella cura solo per prudenza (come dire: "non si sa mai!"), per dare maggiore fiducia al paziente e per le malattie attribuite a cause extra-fisiche. Molti rimedi comportavano almeno un ingrediente raro e costoso, spesso importato dall’estero (in particolare da Biblo), e questo ci dice che la psicologia del malato dell’antico Egitto era la medesima di oggi. I medici preparavano essi stessi le loro ricette, ma si procuravano la materia prima da una organizzazione farmaceutica gerarchizzata. Al momento di consegnare le medicine erano sempre prodighi di consigli sull’igiene, che consisteva innanzitutto nel praticare abitudini sane.


IL CUORE, MOTORE DELLA VITA

"Se il medico pone le mani sul capo, sulla nuca, sulle mani, sul luogo dello stomaco, sulle braccia oppure sui piedi, dovunque egli ricade sul cuore, perché i suoi vasi conducono a tutte le membra".

È una delle dottrine che appaiono nel Papiro Ebers, da cui si deduce che i medici egizi ritenessero il cuore centro della vita e sembra anzi che già ricollegassero il suo battito a quello del polso. I testi letterari descrivono inoltre il cuore come luogo della volontà e delle emozioni, oltre che sede del peccato. Centro quindi dell’organismo umano fisico, psichico e spirituale è il cuore, mentre l’importanza del cervello non era avvertita. Nel Papiro Ebers si accenna anche al numero e alla posizione dei vasi che si originano dal cuore. Essi portano aria alle membra, acqua ai polmoni, al fegato, alla milza e all’ano, sangue e muco al naso, ed ancora, sangue alle tempie, sperma ai testicoli, orina alla vescica ed, infine, escrementi all’ano. La dottrina è frutto evidente di osservazioni condotte, almeno in parte, su cadaveri, le cui arterie sono vuote e possono quindi sembrare condotti auriferi. Quanto ai vasi sanguiferi, essi sono in realtà vasi venosi, mentre gli acquiferi i vasi linfatici. È comunque indubbio che la pratica della mummificazione deve aver reso gli egizi abbastanza esperti di anatomia umana, una conoscenza che si dimostrerà preziosa nella pratica chirurgica.


I GRANDI INTERVENTI CHIRURGICI: UNA LEGGENDA DA SFATARE?

Data la pratica della mummificazione, che rendeva gli egizi abbastanza esperti di anatomia umana, la chirurgia non era certo sconosciuta.

Dal momento che, però, ogni cura si basava sul principio "primum non nocere", i casi chirurgici prevedevano l’uso del bisturi soltanto per i tumori esterni e del cauterio per i casi lievi. Il vocabolario medico reca diversi nomi di bisturi, ma non conosciamo a quali tipi di strumento essi corrispondano: è comunque probabile che si usassero lame simili a rasoi e coltelli comuni di bronzo. Mano più pesante dovevano avere i chirurghi militari, poco più che segaossa, che chiudevano le ferite sia bruciando i tessuti con il ferro rovente o con sostanze caustiche, sia applicando punti. È probabile che in questi casi non si ricorresse neppure all’anestesia, ottenuta, almeno a partire dal Nuovo Regno, con il papavero sonnifero, in pratica l’oppio. A questo punto, venendo a tre leggende spesso ripetute circa la medicina egizia, che narrano di grandi interventi chirurgici, di odontoiatria operatoria e protesi e di trapanazione terapeutica del cervello, è bene considerare che i Papiri non ne parlano e che il loro silenzio è confermato dal fatto che, tra le migliaia di crani egizi recuperati negli scavi e le decine di mummie esaminate finora, non si sono riscontrate tracce di interventi del genere.


NOZIONI DI IGIENE

I Papiri danno notizie sparse di igiene. Si consiglia, ad esempio, con insistenza di lavarsi il corpo, e in particolare il viso, la bocca e i denti al mattino, le mani prima e dopo i pasti. È bene indossare vesti di lino, e come abiti, oltre al gonnellino o la tunica, far uso di un panno triangolare stretto alle anche a proteggere i genitali. Importante è, inoltre, sostenersi con una nutrizione completa e razionale, distribuita in una colazione, un pranzo leggero e una cena abbondante.

Per dormire, meglio usare un letto dotato di rete elastica, con materasso vegetale e coperte di lino. Non è lecito eccedere negli alcolici, limitandosi comunque alla birra e al vino (il secondo è più dannoso del primo); in età avanzata è concesso qualche blando afrodisiaco, principalmente la lattuga, pianta sacra al dio della fecondità Min. La pulizia della persona, delle vesti e della casa si ottiene con grande abbondanza di acqua, incensi e salnitro. Il clima generalmente buono e una vita semplice, alquanto attiva e quasi tutta all’aria aperta, faceva il resto. Rilievi dell’antico Egitto mostrano che venivano praticati massaggi e che era in uso la circoncisione.


LA STRUTTURA SANITARIA

Il corpo dei medici dipendeva da un dicastero della Sanità, ripartito come ogni altro, cui presiedeva un "grande dei medici dell’Alto Egitto" e uno del "Basso Egitto", dai quali dipendevano "ispettori dei medici" e "soprastanti dei medici".

Esistevano poi i titoli, di "soprastante alla casa della salute" (la quale era certamente un’organizzazione ospedaliera), nonché di medici addetti a corpi sacerdotali, colonie agricole, colonie militari, villaggi operai e reparti militari. Il medico generico (semu) doveva sapere di tutto e anche di veterinaria, trattata negli stessi libri di medicina, ma molti aggiungevano al titolo una o più specializzazioni: semu degli occhi, della testa, dei denti e così via. La leadership scientifica della categoria era rappresentata dai "medici di Palazzo" che erano aggregati alla Casa della Vita, l’alta scuola di tutte le scienze. Anche l’organizzazione farmaceutica era gerarchizzata, con un "capo farmacista", che dirigeva e controllava i "conservatori dei farmaci" coadiuvati da tecnici. Le cure prestate dal medico, quando non era d’ufficio come sanitario di un corpo sacerdotale o di una colonia, erano pagate in natura.


LA MATEMATICA PER COSTRUIRE LA VITA

La matematica egizia fù, come quasi tutte le consorelle antiche e moderna, empirica, anche se fù perfezionata sino a raggiungere il livello di disciplina.

Gli egizi portarono i loro sistemi di calcolo a livelli di alta funzionalità, al servizio della grande organizzazione del gruppo sociale e, più precisamente, di due realtà: sul piano d’ingegneria, per le gigantesche costruzioni intraprese fin dall’Antico Regno e, sul piano della ragioneria, per le tasse e le compensazioni, estese a migliaia di voci e pagate in natura. Gli studiosi moderni si aspettavano che per costruire le prime e realizzare la seconda fosse stata ideata una matematica altamente perfezionata. I documenti relativi a queste attività in nostra mano sono invece tutti di carattere manualistico e scolastico, espongono cioè problemi concreti e soluzioni dei medesimi, ma non rivelano quali criteri o teorie abbia seguito l’operatore. Per quanto riguarda i calcoli numerici, ossia l’aritmetica, gli egizi affrontarono e risolsero tutti quei problemi di calcolo che noi risolviamo con le quattro operazioni, elevazione al quadrato ed estrazione di radice quadrata, nonché problemi del tutto astratti, inutili a fini pratici ed equivalenti alle nostre equazioni con una incognita di primo grado. Per quanto riguarda la geometria, erano in grado di calcolare, tra l’altro, l’area del rettangolo, del triangolo, del cerchio e del trapezio e, ancora, il volume del parallelepipedo e della piramide (anche tronca), nonché la pendenza del lato della piramide regolare a base quadrata. In conclusione, la matematica e la geometria toccarono all’incirca i medesimi termini evolutivi delle consorelle antiche, compresa la greca, fino a Pitagora.


L'ARCHIVIO DELLA NATURA

Gli egizi ebbero vivo interesse per l’antropologia fisica, la zoologia e la botanica e buona capacità nel fissare, fra gli aspetti visibili delle cose, quelli essenziali e caratterizzanti. Fissarono l’umanità in quattro tipi antropologici: loro stessi (rometh = popolo, che qui sta per popolo per eccellenza), asiatici (oamu), nubiani (nehesiu) e libici (temehu).

Questa classificazione la troviamo illustrata in tombe reali del Nuovo Regno, nella colorazione della carnagione dei tipi rispettivamente rossa, gialla, nera e rosea. Le raffigurazioni rispondono a una tipicizzazione molto precisa, tanto che gli antropologi le usano alla stregua di documenti, persino per trarne misure di crani. Precise come quelle umane e straordinariamente veridiche sono le immagini egizie di animali, anche di specie rare, uscite da incroci o estinte, che appaiono nelle scene tombali "di ispezione" (quelle in cui il signore segue la vita quotidiana che si svolge nei suoi possedimenti). Anche queste servono agli studiosi e alle descrizioni degli zoologici. Più distante dal piano scientifico appare invece l’interesse degli egizi per i vegetali: fiori e frutti vennero rappresentati in miniatura, con pietre dure, per comporre collane a più giri, e in dimensione naturale in oro e argento, a uso ornamentale. Pitture parietali e vignette su papiri ci mostrano i fiori raccolti a mazzi di bella struttura, e l’orzo, il lino e il papiro nel campo; gli alberi sono distribuiti armonicamente a seconda della conformazione della chioma e del colore dei frutti, in giardini graziosi quanto artefatti. A documento invece di spedizioni in terre lontane, vennero rappresentati piante e alberi esotici, come quelli del Levante che appaiono nel "Giardino Botanico" nella Sala delle Feste di Tutmosi III a Karnak.





fonte: www.fatinasexy.com




 
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